Non era una cena qualunque e lui lo sapeva. Io non avevo pensato fin da subito ad una cena insieme, ma sapevo bene che lui lo sognava da anni. Quel desiderio silenzioso, nascosto sotto mille attenzioni, sotto mille pensieri senza voce, finalmente avrebbe preso forma.
 Il pomeriggio era trascorso tra passi misurati e sguardi d’intesa, in una danza sottile di controllo e abbandono. Lui, devoto e attento, era al mio fianco come sempre, ma oggi c’era qualcosa nell’aria, un’aura di promessa che lo avvolgeva.
Ogni dettaglio era stato pensato da me, non solo per essere visto, ma per essere vissuto. Eleganza, controllo, essenzialità.
Non ho bisogno di alzare la voce, né di fruste, né di giochi scenici con lui.
Il mio potere è più sottile, più lento. Più vero.
Amo il silenzio che spesso si crea tra Me e lui quando lo osservo e lo metto in difficoltà, perchè nel silenzio c’è tutto: la tensione, l’adorazione, la paura sacra che nasce quando si sa di essere esposti, visti, letti dentro.
Una cosa che non gli ho mai rimproverato è quel quel timore di sbagliare qualcosa, è parte del dono che mi fa ogni volta che si arrende.
Quando arrivammo al ristorante sul fiume, con le luci che si riflettevano nell’acqua calma, l'auto si fermò dolcemente davanti al ristorante, accanto al fiume. Le luci basse, il riflesso dell’acqua, il profumo della sera: tutto era perfetto. 
Scese per primo e aprì la portiera con la grazia silenziosa che avevo insegnato. Mi guardò. Non disse nulla ,non serviva. Lo sguardo era già un’offerta. Posai la mia mano nella sua, e sentii la sua pelle tesa, calda, viva. 
Mi accompagnò verso l’ingresso. Il suo braccio sfiorava il mio, ma non osava stringere. Ogni gesto era misura, contenimento, rispetto. Mi fece strada come se aprisse un tempio, e io lo attraversai come una dea consapevole di ogni passo, di ogni sguardo che ricevevo e lui geloso e devoto dietro di me. 
All’interno la sala aveva luci soffuse ed era piena di altri commensali , la cameriera ci accompagnò al tavolo, lui come un galantuomo sa fare , mi fece accomodare e poi si sedette
 Ordinai io, naturalmente per prima e lui prese la stessa portata
Durante la cena il suo sguardo mi scrutava, mentre mi ascoltava raccontare di altri slave che mi corteggiano o ambiscono a essere miei, oppure di colleghi invadenti che mi stressano a lavoro
Mi ascoltava in un mix di nervosismo, eccitazione e devozione, emozioni che in lui danzano sempre insieme, come il fuoco, l'ombra e la luce.
Lo guardai. I suoi occhi erano limpidi, ma dentro c’era quella tempesta che solo io sapevo leggere: il desiderio di servirmi, la tensione dell’adorazione trattenuta, l’attesa di un cenno, di una carezza, di una parola più tagliente.
Adoro da sempre il modo in cui mi guarda, amo il suo respiro che muta ad ogni mia parola; anche i silenzi tra di noi sono carichi di meravigliose sfumature
 Ogni gesto a tavola era una preghiera che lui recitava col corpo. Era divinamente eccitante vedere gli sguardi di altre persone su di noi, mentre lui non riusciva a stare fermo sulla sedia, lamentandosi del fatto che fossimo troppo distanti seduti l'una di fronte all'altro. Gli dissi che doveva attendere , lì era il suo posto perchè così avevo deciso, era già un gran dono essere a cena seduto al tavolo con me, occhi negli occhi
Il cibo arrivò. Delicato, sensuale. Assaggiava solo dopo di me. Ogni mio sguardo era un semaforo, ogni mia pausa un comando invisibile. 
Mentre mangiavo i suoi occhi si nutrivano , non della cena, ma di me e  arrivò la fine della serata, ci dirigemmo verso l'uscita, Lui pagò con le mie carte( i suoi conti sono miei da anni ormai),con le mie istruzioni, con il mio nome nella testa e il mio potere nel suo cuore che scorreva intensamente. 
Uscimmo dal ristorante, andammo in macchina , la mia mano accarezzava la sua nuca mentre lui non aspettava altro che gli dicessi che era stato impeccabile, che mi aveva reso fiera di lui.
Sorrisi e basta, mentre ripartiva per riaccompagnarmi a casa
In macchina continuava a scrutare ogni mio gesto e in quello sguardo attento e investigativo c'era tutto: la dedizione, la resa, la pace, l'amore
Lo fissai. Quegli occhi alzati verso di me, così persi, così colmi, erano l’unico specchio di cui avessi bisogno. E mentre la notte si stendeva attorno a noi come velluto, compresi ancora una volta quanto profondamente lo possedessi ,compresi che la vera ricompensa per lui non era il tocco della mia mano, né il calore del mio corpo, ma quell’attimo eterno in cui io lo vedevo. completamente. C'è un potere più profondo del controllo. È il potere di farsi adorare senza chiedere nulla e ricevere tutto.